[25/01, 09:04] Sergio D’Ascenzo: Geremia 15:15-18
“Tu sai tutto, Signore! …”
“[15] Tu sai tutto, Signore! Ricòrdati di me, visitami e vendicami dei miei persecutori; nella tua benevolenza non portarmi via! Riconosci che per amor tuo io porto l’infamia. [16] Appena ho trovato le tue parole, io le ho divorate; le tue parole sono state la mia gioia, la delizia del mio cuore, perché il tuo nome è invocato su di me, Signore, Dio degli eserciti. [17] Io non mi sono seduto assieme a quelli che ridono e non mi sono rallegrato; ma per causa della tua mano mi sono seduto solitario, perché tu mi riempivi di sdegno. [18] Perché il mio dolore è perenne e la mia piaga, incurabile, rifiuta di guarire? Vuoi tu essere per me come una sorgente illusoria, come un’acqua che non dura?”.
Continua la preghiera di Geremia, il lamento … È rifiutato, abbandonato da tutti, perseguitato …
Eppure, nella sua preghiera di lamento non perde di vista i valori della Sua fede, né chi è davvero il suo Dio, il Creatore e Signore …”Tu sai tutto, Signore!”. (15)
Proprio perché Tu sai tutto, perché sei il Dio della vendetta, Colui che da sempre da la giusta retribuzione (nella lettera agli Ebrei viene ricordato che Dio comanda di non fare le nostre vendette, ma di lasciarle a Lui), Geremia invoca Dio perché sia Lui ad applicare la giusta retribuzione verso i Suoi persecutori …
Geremia, riconosce che non avendo davanti a Dio, come creatura umana, alcun diritto, si appella alla Sua benevolenza …
Dio sa, e Geremia ne è certo, che quello che il profeta sta soffrendo è il risultato del suo servizio per il Signore, è la sua posizione di profeta a causarla … Il popolo ribelle, nel peccato, che ha tradito Dio, aggrava le proprie colpe dando ascolto ai falsi profeti e perseguita quelli veri, come Geremia, che dichiara la verità di Dio, anche se scomoda e terribile!
Poi Geremia usa un’immagine forte per ricordare il proprio impegno, la priorità fedeltà nell’annuncio della Parola di Dio … Come ritroviamo nel caso del profeta Ezechiele e in una scena del libro di Apocalisse, il libro di Dio, la Sua Parola, viene “divorata” dal profeta, per mostrare che se ne nutre profondamente, la vive appieno, la fa propria nel profondo … La gioia e la delizia, i piaceri che si riferiscono al buon cibo, ai piaceri della tavola, vengono applicati in questo caso alla Parola di Dio: “Appena ho trovato le tue parole, io le ho divorate; le tue parole sono state la mia gioia, la delizia del mio cuore, perché il tuo nome è invocato su di me, Signore, Dio degli eserciti.” (16).
Il verso che segue ricorda molto il Salmo 1, nel quale l’integrità di colui che teme il Signore si riconosce dal suo “non sedersi” allo stesso tavolo di coloro che detestano Dio, nel tenersi lontano dalle loro scelte ed azioni malvage … (17) perciò il profeta si ritrova solitario, contrariato dal vedere tanta cattiveria, malvagità, contrapposizione alla volontà di Dio …
Geremia soffre pesantemente quella situazione, tanto da descriverla (18) come: “il mio dolore è perenne e la mia piaga, incurabile, rifiuta di guarire …”
La domanda retorica finale conferma che evidentemente non è così … Nonostante tanta sofferenza, Geremia si fida di Dio, il suo unico rifugio, Colui che ha sempre provveduto a Lui e che lo ha chiamato ad annunciare la Sua Parola… Dio non è “una sorgente illusoria” … non è un’acqua che non dura”!
Proprio l’amore per il solo vero Dio lo ha portato a stare lontano dal peccato del popolo e ad annunciare con fedeltà la verità scomoda del Suo giudizio!