Ezechiele 18:1-24

“Io provo forse piacere se l’empio muore?», dice il Signore, Dio. «Non ne provo piuttosto quando egli si converte dalle sue vie e vive? …”

“[1] La parola del Signore mi fu rivolta in questi termini: [2] «Perché dite nel paese d’Israele questo proverbio: “I padri hanno mangiato uva acerba e i denti dei figli si sono allegati”? [3] Com’è vero che io vivo», dice il Signore, Dio, «non avrete più occasione di dire questo proverbio in Israele. [4] Ecco, tutte le vite sono mie: è mia tanto la vita del padre quanto quella del figlio; chi pecca morirà. [5] Se uno è giusto e pratica l’equità e la giustizia, [6] se non mangia sui monti e non alza gli occhi verso gli idoli della casa d’Israele, se non contamina la moglie del suo prossimo, se non si accosta a donna mentre è impura, [7] se non opprime nessuno, se restituisce al debitore il suo pegno, se non commette rapine, se dà il suo pane a chi ha fame e copre di vesti chi è nudo, [8] se non presta a interesse e non dà a usura, se allontana la sua mano dall’iniquità e giudica secondo verità fra uomo e uomo, [9] se segue le mie leggi e osserva le mie prescrizioni agendo con fedeltà, egli è giusto; certamente vivrà», dice il Signore, Dio. [10] «Ma se ha generato un figlio che è un violento, che sparge il sangue e fa a suo fratello qualcuna di queste cose [11] (cose che il padre non commette affatto): mangia sui monti e contamina la moglie del suo prossimo, [12] opprime l’afflitto e il povero, commette rapine, non restituisce il pegno, alza gli occhi verso gli idoli, fa delle abominazioni, [13] presta a interesse e dà a usura, questo figlio vivrà forse? No, non vivrà! Egli ha commesso tutte queste abominazioni e sarà certamente messo a morte; il suo sangue ricadrà su di lui. [14] Ma se egli ha generato un figlio, il quale, dopo aver visto tutti i peccati che suo padre ha commesso, vi riflette e non fa tali cose: [15] non mangia sui monti, non alza gli occhi verso gli idoli della casa d’Israele, non contamina la moglie del suo prossimo, [16] non opprime nessuno, non prende pegni, non commette rapine, ma dà il suo pane a chi ha fame, copre di vesti chi è nudo, [17] non fa pesare la mano sul povero, non prende interesse né usura, osserva le mie prescrizioni e segue le mie leggi, questo figlio non morrà per l’iniquità del padre; egli certamente vivrà. [18] Suo padre, siccome è stato un oppressore, ha commesso rapine a danno del fratello e ha fatto ciò che non è bene in mezzo al suo popolo, ecco che muore per la sua iniquità. [19] Se voi diceste: “Perché il figlio non paga per l’iniquità del padre?” Ciò è perché quel figlio pratica l’equità e la giustizia, osserva tutte le mie leggi e le mette a effetto. Certamente egli vivrà. [20] La persona che pecca è quella che morirà, il figlio non pagherà per l’iniquità del padre, e il padre non pagherà per l’iniquità del figlio; la giustizia del giusto sarà sul giusto, l’empietà dell’empio sarà sull’empio. [21] Se l’empio si allontana da tutti i peccati che commetteva, se osserva tutte le mie leggi e pratica l’equità e la giustizia, egli certamente vivrà, non morirà. [22] Nessuna delle trasgressioni che ha commesse sarà più ricordata contro di lui; per la giustizia che pratica, egli vivrà. [23] Io provo forse piacere se l’empio muore?», dice il Signore, Dio. «Non ne provo piuttosto quando egli si converte dalle sue vie e vive? [24] Se il giusto si allontana dalla sua giustizia e commette l’iniquità e imita tutte le abominazioni che l’empio fa, vivrà egli? Nessuno dei suoi atti di giustizia sarà ricordato, perché si è abbandonato all’iniquità e al peccato; per tutto questo morirà.

Nel discorso che il Signore fa nel rivelarSi a Ezechiele, perché porti la Sua parola al popolo, in questo caso affronta un argomento presente nella legge di Mosè, ribadita in Esodo 34:6-7, cioè la responsabilità del singolo riguardo al proprio peccato e quindi il principio – presente nella Legge – che Dio, il Creatore e Signore, il fondatore del Popolo d’Israele, aveva stabilito nella Legge che diede a Mosè …

Tale principio affermava che la misericordia di Dio è infinita, infatti è assicurata di padre in figlio, fino alla millesima generazione, su coloro che Lo amano e Lo temono … Mentre il giudizio di Dio, quindi la punizione che Egli giustamente riversa sul peccatore, si limita al peccatore stesso e, tutt’al più, con conseguenze estese ai suoi figli e ai figli dei suoi figli, ma non oltre la terza o la quarta generazione …

Quindi non è un discorso di normativa rigida, quanto di principio che sottolinea il contrasto, questa grande differenza, fra l’enormità della misericordia di Dio e, dall’altra, il Suo limitare grandemente gli effetti del Suo giusto giudizio …

Così il Signore esprime ad Ezechiele una sorta di sviluppo positivo nell’applicazione della legge, sottolineando che la misericordia del Signore concentra il Suo giudizio in maniera personale, cioè considerando il peccato un responsabilità del singolo …

In altre parole, credo che mentre la Legge data a Mosè aveva l’obiettivo di sottolineare la responsabilità che ogni persona doveva assumersi, in particolare dei genitori, pensando al fatto che se avessero peccato contro Dio, se avessero scelto di vivere contro la Legge (citando gli aspetti essenziali della Legge morale di Dio verso il Signore e verso il prossimo) … dovevano tenere ben presente, riflettere quindi attentamente sulle conseguenze che avrebbero prodotto inevitabilmente sui propri figli e nipoti, cioè come effetti diretti del proprio peccato …

In questo caso, in questa parola rivolta al residuo di Israele – attraverso Ezechiele – Dio sta invece sottolineando l’aspetto estremamente personale del peccato … cioè che il Signore avrebbe giudicato il comportamento di ciascuno per la propria diretta e personale responsabilità, più che considerarla sotto l’aspetto della conseguenza sulla generazione successiva …

In altre parole: è vero che se un padre o una madre sbagliano, anche i figli o nipoti ne subiscono conseguenze … Ma ognuno pagherà per il proprio peccato e, ora più che mai, in vista della cattività, del giudizio che stava cadendo loro addosso, era importante sottolineare la necessità di allontanarsi dal peccato, foss’anche dei priori genitori!

Quindi Dio stava sottolineando l’aspetto assolutamente personale della responsabilità nel peccato, incoraggiando ognuno a scegliere di pentirsi e temere Dio, anche in contrasto con la propria famiglia, perché davanti a Dio il peccato è e resta soprattutto una questione personale!

Il cuore della questione che Dio rivela a Ezechiele, è infatti espressa nel v. 23 “Io provo forse piacere se l’empio muore?», dice il Signore, Dio. «Non ne provo piuttosto quando egli si converte dalle sue vie e vive?”!

Ne emerge una verità fondamentale per capire il pensiero di Dio e la Sua rivelazione nella storia biblica della Salvezza:

Il male è la conseguenza della ribellione della creatura umana contro il suo Creatore, è la terribile attuazione della minaccia di morte spirituale che Dio presentò nell’Eden ai nostri progenitori, lasciando loro – essendo ancora liberi dalla corruzione del peccato – la responsabilità e libertà di decidere del loro futuro rapporto col Signore Dio!

Il piacere di Dio (usando riguardo a a Dio un linguaggio “antropomorfico”, cioè in una forma che come umani possiamo capire) sta nel bene e nel “molto buono” che aveva creato …

Quindi, Egli non prova piacere nell’anima che si perde, nel giudizio, ma in quella che si pente, si ravvede e torna, per la Sua misericordia, a godere del Suo bene … un bene che sarà appieno “compiuto” dall’opera del futuro Messia!

Così, come la Sua misericordia è enorme, infinita … Dio contiene la Sua giustizia applicando il Suo giudizio al solo peccatore impenitente, cioè in base alle proprie e personali colpe!

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Chiesa Evangelica Isola

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